๐ฐ๐ 5 ๐๐๐๐๐๐ ๐ ๐๐ ๐๐๐ ๐ ๐ ๐ ๐ด๐๐๐๐๐๐ ๐ ๐ต๐๐๐๐๐๐๐๐ ๐ฉ๐๐๐๐๐๐๐๐ - di Giovanna Santarsiero
Nel 1821, dopo aver appreso la morte dell’imperatore francese Napoleone Bonaparte dopo il suo esilio sull’isola d’Elba, Alessandro Manzoni scrive di getto, in soli tre giorni, un’opera, intitolata “Il Cinque maggio”, data della dipartita dell’imperatore, un inno alle sue opere e alle sue battaglie vinte ma non solo.
Il Manzoni, infatti, nei suoi versi si sofferma anche sulla fragilitร umana e la forte fede dell’imperatore, immagina le sue sofferenze durante l’esilio e di come Dio possa aver provato compassione nei suoi confronti.
Inoltre nella sua opera emerge la sua neutralitร nei confronti di una figura tanto imponente, che descrive dalla prospettiva di un osservatore imparziale che lascia “ai posteri l’ardua sentenza” lasciando che il tempo possa portare a una riflessione distaccata e allo stesso tempo veritiera in quanto non plasmata dalle emozioni vissute all’epoca.
Manzoni elogia anche la sua onestร letteraria per aver evitato di elogiare le gesta dell’imperatore durante i suoi anni di forte splendore e potere, scrivendo per lui solo dopo la sua morte.
L’opera si compone di ben 18 sestine che a loro volta contano un totale di 108 versi al cui interno troviamo diverse similitudini e molti riferimenti storici legati alle opere compiute dall’imperatore che nella poesia non viene mai nominato apertamente.
Considerato uno dei maggiori romanzieri italiani di tutti i tempi per il celeberrimo romanzo I promessi sposi, caposaldo della letteratura italiana, Manzoni ebbe il merito principale di aver gettato le basi per il romanzo moderno e di aver cosรฌ patrocinato l'unitร linguistica italiana propria dell'Illuminismo italiano.
Di seguito l' opera per intero
Il Cinque Maggio
Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
5 cosรฌ percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all’ultima
ora dell’uom fatale;
nรฉ sa quando una simile
10 orma di piรจ mortale
la sua cruenta polvere
a calpestar verrร .
Lui folgorante in solio
vide il mio genio e tacque;
15 quando, con vece assidua,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci al sonito
mista la sua non ha:
vergin di servo encomio
20 e di codardo oltraggio,
sorge or commosso al subito
sparir di tanto raggio;
e scioglie all’urna un cantico
che forse non morrร .
25 Dall’Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel securo il fulmine
tenea dietro al baleno;
scoppiรฒ da Scilla al Tanai,
30 dall’uno all’altro mar.
Fu vera gloria? Ai posteri
l’ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Massimo
Fattor, che volle in lui
35 del creator suo spirito
piรน vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d’un gran disegno,
l’ansia d’un cor che indocile
40 serve pensando al regno;
e il giunge, e tiene un premio
ch’era follia sperar;
tutto ei provรฒ: la gloria
maggior dopo il periglio,
45 la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;
due volte nella polvere,
due volte sull’altar.
Ei si nomรฒ: due secoli,
50 l’un contro l’altro armato,
sommessi a lui si volsero,
come aspettando il fato;
ei fe' silenzio, ed arbitro
s’assise in mezzo a lor.
55 E sparve, e i dรฌ nell’ozio
chiuse in sรฌ breve sponda,
segno d’immensa invidia
e di pietร profonda,
d’inestinguibil odio
60 e d’indomato amor.
Come sul capo al naufrago
l’onda s’avvolve e pesa,
l’onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
65 scorrea la vista a scernere
prode remote invan;
tal su quell’alma il cumulo
delle memorie scese!
Oh quante volte ai posteri
70 narrar sรฉ stesso imprese,
e sull’eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d’un giorno inerte,
75 chinati i rai fulminei,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dรฌ che furono
l’assalse il sovvenir!
E ripensรฒ le mobili
80 tende, e i percossi valli,
e il lampo de’ manipoli,
e l’onda dei cavalli,
e il concitato imperio,
e il celere ubbidir.
85 Ahi! Forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperรฒ; ma valida
venne una man dal cielo
e in piรน spirabil aere
90 pietosa il trasportรฒ;
e l’avviรฒ, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
95 dov’รจ silenzio e tenebre
la gloria che passรฒ.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
scrivi ancor questo, allegrati;
100 chรฉ piรน superba altezza
al disonor del Golgota
giammai non si chinรฒ.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
105 il Dio che atterra e suscita,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posรฒ.
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