11
dicembre 2025.
Avvolta
da maestose montagne mozzafiato e da boschi che paiono usciti da un racconto incantato,
Castelrotto è in trepidazione per l’arrivo del periodo più magico dell’anno: il
Natale.
Le vie
del borgo scintillano di luci multicolori, le note dei canti natalizi si
diffondono nell’aria, come un’eco d’infanzia, mentre bancarelle colme di
dolciumi, oggetti artigianali e profumi speziati si mescolano nel freddo
invernale. L’atmosfera è pervasa da una gioia contagiosa, quella che i paesi di
montagna sono in grado di custodire nel tempo.
È in
questo scenario che giunge il commissario Deliucius Mark, deciso a trascorrere
le tanto attese ferie invernali, lontano da indagini complesse e casi
logoranti. Aveva scelto Castelrotto proprio per la sua quiete: nessun mistero
da risolvere, nessun enigma da decifrare. Solo neve e riposo.
Dopo aver
depositato i bagagli nell’Hotel Stella Alpina, un accogliete rifugio collocato
nel borgo, Deliucius decide di immergersi nell’atmosfera natalizia di quella
località tutta da scoprire.
Il centro
della festa risulta essere il Villaggio di Babbo Natale, allestito nella grande
piazza principale. Per raggiungerlo, il commissario attraversa il corso centrale
agghindato a festa con addobbi di ogni colore e forma: ghirlande, nastri
dorati, lanterne.
Le
vetrine dei negozi, curate con fantasia e gusto, riflettono le luci delle
luminarie, dando vita ad un gioco di riflessi che trasforma le strada in un
piccolo mondo fiabesco.
Davanti
l’ingresso del Villaggio, una lunga fila di bambini e genitori attende il
proprio turno per poter varcare la soglia e immergersi in quel luogo magico.
Deliucius
è ipnotizzato da quelle meraviglie e dalla folle festante che si gode quei
momenti magici in attesa dell’arrivo delle feste. L’odore di cannella raggiunge
le sue narici. Poco distante da lui, una bancarella vende dolci tipici. Sente
un brontolio provenire dallo stomaco, così decide di concedersi una dolce
pausa, dopotutto quale modo migliore per dare il via alle sue vacanze?
Paga con
poche monete quella prelibatezza e non appena sta per addentare la brioche con il
primo morso, un fragoroso trambusto cattura la sua attenzione. Un’elfa del
Villaggio, corre nella piazza gridando:
- Babbo
Natale non si trova! –
Tutti la
guardano con disappunto, credendo che fosse solo un siparietto per far
intendere che ci fosse un ritardo nell’inizio della manifestazione.
L’agitazione della ragazza, però, risulta essere alquanto esagerata così da
convincere il commissario a posare il suo dolce e raggiungerla dietro le quinte.
Lì, fra
costumi, pacchi finti e stretti passaggi, il commissario trova riverso a terra
Babbo Natale. La bianca barba è contorta e il volto dell’uomo cereo. Si china
su di lui e, poggiando due dita sulla giugulare, dice: - Babbo Natale è morto! –
A quelle
parole l’elfa lancia un urlo.
Dopo un
quarto d’ora arrivano i carabinieri e un’autoambulanza.
Il medico
giunto sul posto si precipita sull’uomo
e fa le sue prime valutazioni.
- Pare
sia morto a causa di un malore, pover’uomo! –
Intanto
il commissario gira nel camerino. Percepisce nell’aria un odore mandorlato
provenire dalla tazza, in cui era ancora presente la cioccolata fumante.
- Mi
scusi dottore, non sente anche lei questo odore particolare provenire dalla
cioccolata? –
Il medico
si avvicina alla tazza e annusa.
- Beh
effettivamente. . . –
- Forse non si tratta di un semplice malore! –
sottolinea Deliucius.
-
Predisporremo la richiesta di
effettuazione dell’autopsia per saperne di più. Che stranezza, il nostro è un
paese tranquillo! –
- Lo
credevo anche io – dice il commissario - altro che ferie invernali! –
Avrebbe
voluto restare fedele al suo proposito, voltarsi dall’altra parte e lasciare
quella gatta da pelare alle autorità competenti del posto, tuttavia, il senso
di giustizia e la ricerca della verità prevalsero.
Il
cadavere viene trasportato in obitorio mentre per Deliucius inizia l’ indagine!
La folla
si era accalcata nel Villaggio e così il commissario ne approfitta per fare
qualche domanda ai presenti.
Scopre
che Babbo Natale era Ernesto Belli, un uomo di mezza età, che lavorava come
impiegato al comune, ma che aveva una passione per l’arte ed il teatro. Così,
durante le diverse festività dell’anno, si prestava per interpretare i ruoli
più svariati. Era originario di Bolzano, ma da più di dieci anni viveva lì. Con
il suo carattere bonario era entrato nelle simpatie di tutti. Dietro il suo
apparente sorriso, però, celava un passato scomodo e davvero molto triste: un
matrimonio finito male e la mancanza per sua figlia Jessica, che vedeva
pochissime volte l’anno, dato che la sua ex moglie l’aveva portata con sé a
Trento. Niente che facesse pensare a quale potesse essere il reale motivo che
lo aveva portato a morire in quel modo.
Ritorna
nel camerino e continua a perlustrare ogni cosa. Trova una giacca poggiata
sullo schienale di una sedia, apparteneva sicuramente ad Ernesto. Inizia a
frugare nelle tasche e rinviene un biglietto appallottolato. Lo spiega e legge:
“Non rovinare la magia del Natale!”
Cosa
volevano dire quelle parole?
In un
angolo, poco distante da lui, Deliucius trova Chiara Picò, ovvero l’elfa che
aveva lanciato l’allarme, in una pozza di lacrime.
Le si
avvicina.
- Buongiorno
signorina, sono il commissario e dovrei porle alcune domande –
- S. . .
si. . . mi dica! – dice la ragazza fra un singhiozzo e l’altro.
- In che
rapporti era con la vittima? –
- Ernesto
era un collega di spettacolo speciale, l’unico che conoscevo bene e con il
quale andassi d’accordo –
- Ha
notato qualcosa di strano nei giorni scorsi? –
- Si –
dice, tirando su con il naso – era molto agitato e aveva detto di voler
abbandonare lo spettacolo! –
- E
perché? –
- Aveva
litigato con Luca Artigli, il tecnico dell’impianto, ma non credo fosse quella
la reale causa. Mi aveva detto di aver scoperto qualcosa di grosso ma che, per
il mio bene, non poteva dirmi altro –
Deliucius
resta a pensare per qualche minuto.
- Sul
tavolino di fianco ad Ernesto, era presente una tazza di cioccolata calda. Chi
l’ha portata lì? –
- Io! –
dice lei con una certa convinzione.
- Perché?
–
- Beh
perché Ernesto amava bere sempre una cioccolata calda prima di iniziare lo
spettacolo. Sa con questo freddo! –
A quelle
parole, il commissario fissa i suoi occhi in quelli della fanciulla per capire se nascondesse
qualcosa. Secondo i suoi sospetti la cioccolata era stata avvelenata. Se così
fosse, possibile che la ragazza avrebbe dato quella risposta con nonchalance
consapevole che sarebbe stata scoperta?
- Resti
nei paraggi qualora dovesse essere necessario ascoltarla ancora – dice senza
approfondire oltre.
- Si va
bene – risponde la ragazza, asciugando le lacrime.
Il
commissario cerca a quel punto Luca Artigli che era stato già fermato dai
carabinieri.
Parlando
con lui, Deliucius scopre che il motivo del litigio era un’accusa che Ernesto
aveva posto nei suoi confronti accusandolo di furto. Secondo Ernesto, molti
oggetti della scena era spariti per mano di Luca nelle ore antecedenti allo
spettacolo, quando, senza la presenza dei figuranti, poteva entrare in azione
indisturbato. Anche lui sembrava avere un movente per l’omicidio.
La
scientifica inviò l’esito delle analisi condotte sulla tazza. La cioccolata era
stata effettivamente avvelenata ma sull’oggetto nessuna impronta digitale.
I
sospetti di Deliucius erano dunque fondati, ma come avrebbe fatto a scoprire
chi fosse il colpevole?
Mentre
stava ponendosi questa domanda, viene avvicinato da una donna.
- Lei è?
–
-
Buongiorno commissario. Sono Marta Rainer, la proprietaria del bar qui di
fronte, ho qualcosa di importante da dirle! – afferma.
- Prego
mi dica, sono tutto orecchi! – dice il commissario, desideroso di porre fine
a quell’indagine il prima possibile così da poter tornare alle sua vacanze.
- Proprio
la notte scorsa, intorno a mezzanotte, stavo chiudendo il locale. Sa,
Castelrotto è un piccolo pesino, tuttavia fintanto che si sistema il locale per
preparare quello che si può per il giorno seguente, si finisce sempre tardi –
fa una breve pausa e poi prosegue.
- Stavo per
uscire quando, all’improvviso, sento un forte vociare. Senza farmi notare,
socchiudo l’uscio della porta e scopro che i due intenti a discutere altri non
erano che il sindaco Orlando Rossi, e il povero Ernesto. Non ho potuto capire
bene cosa si dicessero ma ho notato che il sindaco era alquanto agitato e prima
di andare via ha strattonato in malo modo il povero Ernesto. –
-
Interessante – pensa il commissario.
- Non ho
detto nulla prima per non creare dissapori, ma considerando che
il povero Ernesto è stato ammazzato, ho pensato bene di dirvelo! –
- Ha fatto
benissimo signora Rainer ! –
Dopo quella
scoperta Deliucius indaga sulla vita del sindaco. Scopre che l’uomo era
impelagato in una traffico losco e che, i soldi che l’amministrazione riceveva
come contributi venivano investiti per scopi personali. Essendo un funzionario
comunale, molto probabilmente, Ernesto aveva scoperto qualcosa e il sindaco non ne era entusiasta.
Per poter incastrare il sindaco, Deliucius va da Luca Artigli a chiedere se nel
Villaggio ci fosse un sistema di videosorveglianza. Per fortuna la risposta fu
affermativa. Attraverso le registrazioni il commissario vede il filmato in cui,
il sindaco, Orlando Rossi, si era recato nel camerino poco dopo l’arrivo di
Chiara che, con i suoi guanti da elfa, aveva lasciato la tazza sul tavolino. Si
vede perfettamente l’uomo che versa nella cioccolata qualche sostanza, sgattaiolando
poi via velocemente. Dopo due minuti arriva il povero Ernesto, beve un sorso di
cioccolata, e, mentre stava per sistemarsi la barba, inizia a sentirsi male, per
poi cadere riverso sul pavimento.
In serata il Villaggio di Babbo Natale riapre le sue porte. Le luci tornano a brillare, le risate dei bambini si diffondono nell'aria come la musica, come se nulla fosse accaduto. Ma in fondo, sotto quella patina festosa, qualcosa si era incrinato per sempre.
Il commissario Deliusus Mark aveva smascherato il sindaco davanti a tutta la folla attonita, consegnandolo alle forze dell’ordine. Quello di Orlando Rossi sarebbe stato un Natale molto diverso.
Avvolto nel suo cappotto, Deliusus guardava la neve venire giù dal cielo coprendo ogni cosa: le orme, le menzogne, la memoria del delitto stesso. Castelrotto, sotto quel manto bianco, riconquista la sua apparente innocenza, come se la verità potesse essere davvero occultata dal silenzio dell'inverno.
Il commissario si volta, lasciandosi alle spalle la piazza illuminata. Cammina nella notte, con il passo di sa bene che la pace è solo un'illusione fugace e che, anche nei luoghi più puri, può nascondersi l'ombra del male.

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