ℕ𝕒𝕥𝕒𝕝𝕚𝕒 𝕖 𝕚𝕝 𝕓𝕚𝕞𝕓𝕠 𝕔𝕠𝕝𝕠𝕣 𝕔𝕚𝕠𝕔𝕔𝕠𝕝𝕒𝕥𝕠 Di Giovanna Santarsiero


La vita in Africa, per quanto ricca di bellezza e cultura, può essere piena di sfide insormontabili. 
In uno dei suoi villaggi più poveri, viveva un’umile famigliola costituita da Zaci, il capofamiglia, un instancabile lavoratore terriero, sua moglie Lewa, una bellissima donna da lunghi e folti capelli riccioluti che teneva raccolti in una bellissima treccia e il loro unigenito Ayo, un bambino che sperava un giorno di riuscire a viaggiare per il mondo.
Il fedele amico di Ayo era un coloratissimo pappagallo di nome Zair, al quale raccontava fantasiose storie sulla sua terra ricca di colori e tradizioni.

Lai vita della famigliola era però segnata da una forte povertà: il pasto più abbondante, se non l’unico, era quello del pranzo; a cena alle volte si andava a letto digiuni. 
Una sera Zaci, tornato da lavoro, attese il momento in cui il piccolo Ayo chiuse gli occhi cadendo in sonno profondo, e così, rimasto solo con sua moglie, decise di dirle tutto quello che pensava.
«Lewa, ci ho provato con tutte le mie forze, ma nonostante le ore interminabili di lavoro non riesco a portare a casa il necessario per poter condurre una vita dignitosa. Continuare in questo modo non può che portarci verso una fine certa e non è questo che voglio per voi. Se fossi stato solo non mi sarei preoccupato più di tanto, ma ho il dovere di garantire un futuro migliore a te e soprattutto a nostro figlio. Per questa ragione, dopo aver riflettuto abbastanza, sono arrivato alla conclusione che non abbiamo altre scelte, dobbiamo andare via da qui e cercare di fare fortuna altrove.»
«Zaci, ma dove andremo?»
«Non lo so … dobbiamo attraversare l’oceano, oltre i mari parlano di terre che dispongono di infinite ricchezze e dove un buon posto di lavoro lo si trova facilmente e così anche Ayo potrà ambire ad un futuro migliore.»
Lewa restò per un po’ in silenzio riflettendo su quelle parole che corrispondevano alla realtà e, afferrando le mani di Zaci, disse « Mi fido di te! Se pensi che sia giusto lasciare tutto e scrivere un nuovo futuro altrove, lo faremo!»
Si guardarono amorevolmente negli occhi, tuffandosi l’uno fra le braccia dell’altra per darsi forza a vicenda, nella speranza che quella decisione potesse essere la soluzione migliore per tutti, nonostante la paura nel cuore di affrontare un lungo viaggio ricco di insidie e difficoltà.

Il mattino successivo, dopo una povera colazione, la famigliola prese le poche cose che aveva e decise di avventurarsi nei mari verso un nuovo futuro utilizzando una vecchia barca che il cugino di Zaci, rimasto ormai solo, aveva dato loro.
Durante il lungo viaggio, Ayo passava le ore a idealizzare il suo nuovo futuro immaginando nuovi amici, una casa degna di essere definita tale e tante prelibatezze da mangiare. Sognava il suo futuro fra i banchi di scuola per imparare a leggere e a scrivere nella speranza di tramutare un giorno i suoi sogni in realtà.
Un giorno, al calar del sole, gonfie nuvole nere, piene zeppe di pioggia, si stavano avvicinando. Da lì a breve, una tremenda tempesta si sarebbe imbattuta su di loro! Cercarono di riparasi sotto coperta, tenendosi stretti gli uni agli altri, mentre le fredde gocce di pioggia iniziarono a cadere sui loro corpi. Sembrava che il tempo non passasse mai. Ayo, stretto al petto della madre, chiuse gli occhi pregando affinché fosse tutto finito quando li avrebbe riaperti.
Arrivò il mattino e sentii un improvviso calore sulle sue gote, era un raggio di sole che coraggioso era emerso da tutto quel grigiore per farsi largo e dare inizio ad una nuova giornata. 

Dopo giorni e giorni di viaggio videro finalmente all’orizzonte la terra ferma. Una volta arrivati a riva, Zaci ormeggiò la piccola barca, prese la maggior parte delle cose e si addentrò, seguito da Lewa, Ayo e Zair in quel piccolo paesino. 
Gli abitanti di questo paese, che si chiamava Rursus, avevano la pelle candida come la neve, e ognuno di loro aveva capelli e occhi di colori diversi. Nessuno di loro prestò attenzione a quella famigliola appena arrivata, anzi si tenevano tutti a debita distanza, l’unico che lo fece fu il più anziano del villaggio, colui che amministrava quel posto. 
«Da dove venite stranieri?»
« Mi chiamo Zaci, signore, lei e mia moglie Lewa e lui il nostro unigenito Ayo.Veniamo da un povero villaggio africano e siamo in cerca di una dimora in cui poter vivere e iniziare una nuova vita. Sono un ottimo bracciante e cerco lavoro per poter sfamare la mia famiglia!»
L’anziano del villaggio guardò con compassione il piccolo Ayo che celava nei suoi occhi la nostalgia della sua terra e la fame dopo un lungo e insidioso viaggio. 
«Venite con me, vi mostrerò un piccolo casale vicino al lago dove potrete stabilizzarvi.»
L’anziano del villaggio si mostrò amichevole e caritatevole, spiegò loro ogni cosa, lasciò delle provviste per potersi sfamare e disse a Zaci che poteva iniziare a lavorare in un suo campo già dalla mattina seguente.

Nonostante l’anziano del villaggio fosse stato accogliente, l'inizio non fu affatto semplice; ambientarsi in un luogo nuovo, con usi e costumi diversi, richiese tempo e pazienza. Per il piccolo Ayo, l'adattamento fu particolarmente difficile. Essere messo da parte dai bambini della sua età perché diverso era una realtà dolorosa con cui fare i conti ogni giorno. 
Gli abitanti di Rursus non avevano mai visto persone di colore e pensavano che fossero solo portatori di guai, così costringevano i loro figli a stare alla larga da Ayo che invece era alla ricerca di nuovi amici con cui poter giocare. L’unico che restava al suo fianco era solo Zair.
«Zair … credevo che una volta arrivato sulla terra ferma la mia vita sarebbe stata bella e divertente e invece . . . eccomi qui, solo! Nessuno vuole stare con me» diceva il piccolo Ayo in un pianto disperato, mentre se ne stava seduto sulla riva del lago. All’improvviso sentì un rumore provenire dagli alberi alle sue spalle. Si asciugò le lacrime dagli occhi e si voltò per capire cosa stesse accadendo.
Aiutandosi con le mani, in modo da farsi spazio, apparse fra i cespugli una bambina dai capelli dorati, raccolti in due lunghe trecce e gli occhi color dell'oceano che lentamente e con un sorriso stampato sul volto si avvicinò a lui. 
«Ciao, finalmente ti ho trovato, io mi chiamo Natalia»
Sorpreso e incuriosito Ayo si presentò.
«Io mi chiamo Ayo, perché mi stavi cercando?» 
«Ti va di giocare insieme, Ayo?»
«Dici davvero? Non ti fa specie il colore della mia pelle?»
«E perché mai dovrebbe? È del colore del cioccolato che amo così tanto!» 
A quelle parole, entrambi risero divertiti. 
Nonostante la loro diversità, tra i due nacque un'amicizia sincera e profonda. Natalia non badava al colore della pelle di Ayo, vedeva in lui solo un compagno di giochi con il quale trascorrere le ore della sua giornata, insegnando al suo nuovo amico a leggere e scrivere, proprio come stava facendo lei a scuola. Zaci avrebbe voluto iscrivere Ayo a scuola ma non aveva ancora un guadagno che potesse permettergli di pagare le spese scolastiche. 
Ogni pomeriggio, i due amici avevano appuntamento al lago, dove passavano quelle ore di libertà a giocare, studiare e a raccontarsi storie. Lewa era felice di veder giocare Ayo con la sua nuova amica e non faceva mai mancare una buona merenda ai due piccoli amici.

Anche quel pomeriggio, Natalia, dopo aver pranzato, prendendo il suo zainetto, si diresse verso il lago per il consueto incontro con Ayo. Suo fratello maggiore, Carlos, era però sospettoso e decise di seguire sua sorella per capire dove si dirigeva ogni giorno a quell’ora. Quando vide che Natalia incontrò il piccolo Ayo uscì dai cespugli dirigendosi verso la sorella con prepotenza.
«Ecco dove vai ogni giorno alla stessa ora. Papà ti aveva proibito di avvicinarti a lui, ma tu testarda lo hai fatto lo stesso!» disse, mentre afferrava Natalia per il braccio trascinandola con se nonostante lei cercasse in tutti i modi di divincolarsi da quella presa che stava separando lei dal suo migliore amico. 
«Carlos tu non capisci, Ayo è un bambino come me, non è malvagio!»
«Non voglio obiezioni, adesso vieni via con me!» disse il fratello prendendo con forza la sorella che fra le lacrime fu costretta a seguirlo lasciando senza parole il suo amico color cioccolato.

Passarono i giorni e di Natalia non si vedeva nemmeno l’ombra. Ayo era nuovamente solo! Le parole pronunciate da Carlos lo avevano ferito nell’animo e così perse le speranze di rivedere la sua amica, rassegnandosi all’idea che la sua vita sarebbe stata sempre in salita e soprattutto vissuta in solitudine. 
Un giorno, mentre stava andando al villaggio per prendere alcune cose che servivano in casa alla mamma, incontrò un gruppo di ragazzini che stavano facendo a botte proprio con il fratello maggiore di Natalia. Ayo d’istinto corse ad aiutarlo, nonostante Carlos fosse stato crudele nei suoi confronti. I ragazzi erano però più forti e grandi così anche Ayo le prese. Natalia si trovò a passare da lì e iniziò ad urlare per cercare aiuto e così quei bulli andarono via per paura di essere presi. 
«Carlos ma cosa è successo?» chiese con le lacrime agli occhi Natalia a suo fratello che raccontò tutta la storia. I due soccorsero il piccolo Ayo che fortunatamente era solo svenuto per lo spavento, ma stava bene.
«Ayo scusami. Sono stato davvero ingiusto verso di te. Tu mi hai aiutato nonostante io sia stato davvero crudele nei tuoi confronti!»
«Non preoccuparti. Lo avrei fatto con chiunque, siamo tutti esseri umani bisognosi di aiuto!»
Carlos guardò negli occhi Natalia che era rammaricata e allo stesso tempo lanciava occhiate per far sentire in colpa il fratello per essere stato tanto ingiusto nei confronti di quel bambino che aveva un cuore grande. 

Il giorno successivo, Carlos, con l’aiuto di Natalia, organizzò una festa di benvenuto per far integrare Ayo all’interno della comunità mostrando a tutti il suo animo puro e buono.
Dapprima restii, tutti gli adulti del villaggio, parteciparono con i loro figli a quell’evento che prevedeva giochi e attività coinvolgenti con uno spazio dedicato alla storia di Ayo che commosse tutti.

Da quel giorno Ayo riuscì ad integrarsi, con la sua famiglia, perfettamente in quella comunità che si mostrò entusiasta nel voler condividere tradizioni ed usi di un mondo diverso ma ricco di sorprendenti tradizioni. 
Natalia è l’esempio tangibile di come vivere senza pregiudizi e barriere sia fondamentale in quanto permette di conoscere nuovi orizzonti, dando l’opportunità a chiunque di raccontare la propria storia. La diversità ci rende unici, speciali, liberi . . . poco importa se il colore della pelle sia diverso dal nostro e molto spesso sono i bambini ad insegnare agli adulti questo. Natalia infatti ha sempre visto in Ayo un amico di giochi, non un bambino diverso, anzi lo ha paragonato al cioccolato, sfidando antiquate quanto sterili imposizioni che spesso la società impone.

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